Il turismo nell’anno zero. Riqualificare per rispondere alla crisi Covid19

Il turismo è nell’anno zero. Siamo ad un bivio e con scarsissimo tempo a disposizione. Le conseguenze di questa drammatica crisi da Covid19 sull’industria turistico-alberghiera sono state ampiamente documentate. Si susseguono prognosi, vengono pubblicati bollettini, avanzate ipotesi, ma l’unico fatto certo è l’incertezza temporale endemica a ogni evento catastrofico. L’emergenza che stiamo vivendo, per quanto eccezionale, in questo non si distingue. Sembrerebbe un’ovvietà, ma non lo è. Talvolta è necessario semplificare per avere una maggiore chiarezza e consapevolezza.

L’epidemia finirà, i drammatici danni economici no, se non si interviene con lungimiranza. Ci sono due piani sui quali è necessario lavorare. Rispondere alla particolare emergenza in atto con i dovuti provvedimenti e fare fronte all’impatto che è stato provocato sul tessuto produttivo a lungo termine. Ritrovarsi nell’anno zero ovvero al punto di partenza impone di pensare ai scenari futuri del settore turistico nella logica di una progettualità più ampia, per gettare le basi del dopo crisi ovvero del futuro.

Di fatto esiste una sola scelta fondamentale: o fermarsi, perché costretti e obbligati o essere messi in grado di rispondere all’emergenza in atto innescando un circolo virtuoso per raggiungere un miglioramento di posizione. È una ovvietà di ogni management di crisi. Non occorre ricordare che l’industria turistica ricettiva è l’asse portante del nostro Paese e crea un valore aggiunto anche per altri settori economici quali l’edilizia e la filiera del legno, la moda, la ristorazione, l’industria manifatturiera, il commercio, la cultura, i trasporti. Un comporto centrale che potrebbe diventare se sostenuto il motore della ripresa del paese. Riqualificarsi, migliorare le strutture ora che siamo a zero, é un imperativo dal quale nessuna progettualità volta a lungo termine può prescindere.  Il settore turistico-ricettivo è stato il primo a fermarsi e sarà l’ultimo a ripartire. Non esiste momento migliore per intervenire, adesso che le strutture sono vuote, trasformando così un danno in un primo segnale di ripresa che coinvolge altri settori quali l’edilizia, la filiera del legno, la moda.  C’è un altro aspetto da valutare. La grande empatia verso l’Italia suscitata dai recenti eventi. Dato confermato da uno studio ENIT in questi giorni, che rileva 187 milioni di interazioni empatiche sui social per il nostro paese che valgono 331 milioni di euro.  Le piazze, strade, i centri cittadini deserti, la straordinaria bellezza di una scenografia monumentale senza alcun spettatore ha suscitato emozione e anche consapevolezza di quanto sia unico il patrimonio del quale disponiamo. L’immagine Italia suscita rinnovata emozione, lungi dall’essere offuscata dall’epidemia come si poteva temere.

L’affidabilità e la qualità dell’industria turistico-alberghiera dinnanzi a questo credito è più importante che mai. Il turismo è la vetrina del Made in Italy e a esso strettamente legato, ma un marketing innovativo del prodotto se così vogliamo chiamarlo non può che essere accompagnato da un principio di rinnovamento, soprattutto se, come è stato troppe volte ripetuto, vogliamo e dobbiamo creare fiducia. Vi è di più. È il primo degli imperativi ed è giusto chiamarlo morale. È una scelta legata ai momenti più drammatici di questa crisi e al dolore che abbiamo provato nel vedere le immagini della straordinaria ricchezza del nostro paese. Vi è un preciso obbligo di esserne all’altezza e ripresentarci al mondo con un’immagine migliore e rinnovata.  Cerchiamo di non arrivare impreparati alla linea di partenza, ma di cogliere l’opportunità se così si può dire di valorizzare con consapevolezza la grande e unica risorsa della quale disponiamo: il nostro paese. Abbiamo bisogno di mezzi per questo, di una politica ad hoc per il turismo e di lungimiranza, molto semplicemente abbiamo bisogno d’aiuto.

Cristina Eidel

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